Quest’anno il mio augurio è espresso in un modo diverso dagli altri anni, per fare un’analogia tra allora e i tempi odierni. Prima eravamo in guerra ed ora pure. Una guerra diversa, subdola, ingannevole basata su sistemi finanziari e non solo, crisi dappertutto e molto uomini di Stato si sono già pronunciati in proposito. Mi guardo in giro e rifletto. Quante conflitti ci sono state dopo la fine dell’ultima guerra? Troppi per gli intendimenti che ci si era prefissati.C’eravamo lasciati con segni di speranza e di progresso.
A Natale 1943, se si pensa che una città come Chieti con circa trentamila persone ne accolse circa settantamila, con enormi problemi di ogni tipo. Eppure si dimenticò quella situazione e tutti si raccolsero attorno al presepio dove si radunarono per cercare di rivivere la nascita del Bambino. Esisteva sì la figura di Babbo Natale ma solo nelle poche dimostrazioni pubblicitarie che c’erano, di origine Nordica e festeggiata non solo dai popoli anglosassoni, non ancora prendeva piega nel nostro paese. Come l’Albero di Natale.
Quell’anno eravamo tutti distratti dagli avvenimenti che la città stava vivendo. Che cosa avevamo, ben poco. Si pensava solo ad uscirne vivi e liberi da quel momento che ci sentivamo oppressi. Anche per i ragazzi come me. Certo si andava a scuola ma come. Le preoccupazioni degli insegnanti si sentivano e si palpavano e non sfuggivano alle nostre osservazioni. Stavamo crescendo non manipolando i vari aggeggi elettronici ma anche noi ci dovevamo adeguare alle situazioni, cioè crescere in fretta. L’abbiamo fatto.
Io che vedevo quasi giornalmente transitare i mezzi delle truppe “occupanti” dirigersi verso il fronte Adriatico - direzione Ripa-Tollo-Miglianico, non ero certamente entusiasta di vedere traffico. Forse ci si divertiva a vedere “de visu” mezzi da battaglia che prima vedevo nei documentari “Luce” o nella domenica del Corriere ed invece allora li vedvo a pochi metri dal mio portone di casa. Capivo benissimo quanto accadeva. Più volte passavano davanti casa, più si allontanava il tempo di ritornare nel nostro mondo, questo lo vedevo, lo sentivo, lo leggevo, ascoltavo.
Si sapeva che nella zona di Ortona era proprio un zona di combattimento e alla vigilia di Natale, voci incontrollate, riportavano che ad Ortona era in corso una battaglia tra canadesi, polacchi ed altri alleati e tedeschi. Doveva essere fondamentale, ma non fu così e le nostre illusione durarono solo il tempo del Natale. Si diceva che il fronte poteva avanzare anche subito.Ci fu una specie di euforia, tanto fra qualche giorno saremo liberi. Invece le nostre illusioni furono riportate a zero. Ci aspettava ancora molto tempo e poi si seppe quante vite umane furono distrutte in quel settore del fronte.
Nel Natale ci si rifugiava con qualche speranza, dove si poteva trovare conforto, consci delle nostre tradizioni, specie in questa ricorrenza. La vigilia era trascorsa aspettando la notte giocando tutti alle carte, alla tombola insomma riunendo grandi e piccoli. Ma poi nulla fece presagire una imminente avanzata del fronte.
So solamente, per noi ancora ragazzi, che a Natale c’era la tradizione di compilare una lettera da mettere sotto il piatto del proprio papà, indirizzata al bambino Gesù. Poi si aspettava la regalia di qualche lira (di allora, anzi centesimi) per poter magari spenderli per andare al cinema, quando proiettavano qualcosa. Il pranzo doveva essere a base del “cardone” tipico piatto abruzzese di brodo di cardi con uovo sbattuto e brodo di tacchino con palline di carne da mischiarsi con il brodo cardo tagliato a pezzettini. Se ricordo bene, il cardo era quasi introvabile se non nelle campagne circostanti la città. Perà mia madre e mia nonna riuscirono nell’intento.
Questa tradizione è stata da me mantenuta sempre. Venendo nel Nord si credeva che fosse difficile trovare questo cardo, ma la cosa non fu molto difficile e la tradizione poté continuare.
Si potevano gustare i magnifici dolci che si facevano in casa, con le varie torte che anche in tempo di razionamento, si potevano confezionare. Il forno, vicino a casa, in quel periodo era occupatissimo a sfornare tegami, teiere a non finire. I rifornimenti allora erano un problema, ma i VVFF di Chieti furono superbi in precedenza nell’organizzare mezzi per fornirsi di farina o grano dalle vicine Marche, mi ricordo il nome della località Morro d’Oro. In uno di questi viaggi, allora molto pericolosi, ci fu un attacco aereo e un vigile perse la vita. Proprio prima di Natale. I funerali furono solenni e seguiti da tutti i cittadini.
Naturalmente c’erano anche il panettone e il pandoro ma non con questa produzione e distribuzione che esiste ora. Allora si trovavano nelle pasticcerie o latterie, a dichiarare la verità, non molte numerose nella città. Eravamo in guerra con tutte le difficoltà del rifornimento. Forse è anche difficile raccontare l’atmosfera che la presenza in città di una così numerosa popolazione, non dimenticando che si era in regime di autarchia. I torroni erano introvabili perché non c’erano laboratori nelle vicinanze che li confezionavano, non avendo neanche le materie prime. Allora qualche piccolo imprenditore avendo a disposizione partite di fichi secchi (forse comperati presso gli sfollati che avevano portato con loro molte provviste) aprì laboratori per torroni, con qualche mandorla pure racimolata. Devo dire che erano ottimi ma la cosa, siccome aveva avuto successo, dopo qualche tempo fu surclassata dall’avvento del torrone mandorlato per cui si era organizzato appena passato il fronte. Con il passar degli anni ho tentato invano di trovare quel tipo di torrone del Natale 1943, ma oltre a non essere lo stesso, non aveva più l’atmosfera di disagio e di novità di quell’anno, vero Natale di guerra. Forse anche la fame e la mancanza di scelta.
Erano già cominciati i bombardamenti con le cannonate che provenivano dalla zona Ortona - Moro. In alcune mie descrizioni ho tentato di raccontare la zona che mi ero deciso ad andare a sincerarmi. Il famoso fiume Moro, che ci avevano descritto come il fiume che non si poteva attraversare, era quasi un ruscello posto su due fianchi nella zona Ortona-Rogatti, che quando pioveva si riempiva d’acqua al massimo livello. Ma questa era la scusa per non andare avanti, perché dovevano aspettare la risoluzione del fronte di Cassino. Forse aspettavano lo sbarco in Normandia? La storia dice di sì.
Comunque nelle case si giocava a carte con il classico sette e mezzo o mercante in fiera e si faceva a turno tra parenti e amici, per organizzarsi.
Il Natale 1943 l’abbiamo passata con qualche pausa senza cannonate o altro.
Nel 1942-43 la squadra inclusa in serie C stava per completare il campionato. I giocatori
Feghiz (Novelli), Tiriticco, Manfrè, D’Incecco, Michetti, Di Luzio Guido, Rota, Bonansea, Malinverni Pietro, Melatti, Sbaraglia, A disposizione: Angelini, De Nicola, Pietrangeli, Pinti,Trilli.
Chiusero abbastanza bene.
La squadra aveva dato lustro alla classifica, piazzandosi al 3° posto con 31 punti, 60 reti fatte e 24 reti subite. Che dire di Rota, l’astro nascente, che vinse la classifica cannonieri con 26 reti, poi Spini(Forlì) con 19reti, Pepe (Pesaro) con 16 reti e Malinverni con 13 reti. Quest’ultimo era un ufficiale in forza a reparti di stanza nella nostra città.
Il campo sportivo della Civitella aveva spostato gli spogliatoi nella costruzione dietro la porta lato Seminario. Il girone fu vinto dal Forlì con punti 34, 63 reti fatte, 23 reti subite.
Dopo lo sbarco in Sicilia degli Alleatisi presagiva qualche sospensione del campionato che fu sanzionata dopo l’armistizio dell’Italia dell’8 settembre. Fino a Natale c’erano stati molti avvenimenti e della squadra cadde un velo di tristezza anche se qualcuno dei giocatori locali saggiavano il campo della Civitella, così tanto per mantenersi in allenamento.Solo agli inizi dell’anno dopo il mancato sfollamento si riunirono in diversi per qualche incontro amichevole specialmente con una rappresentativa militare Tedesca e se non ricordo, ero presente dietro una porta ma la partita fu sospesa per incidenti. C’era anche la polizia tedesca e, questo me lo ricordo, si sparò qualche colpo in aria per intimidazione. Comunque le truppe occupanti presentarono diversi giocatori che erano fortissimi e malgrado il fronte a pochi metri, avevano anche il tempo per una partita di calcio. La cosa durò pochi mesi perché gli alleati ovvero la Nembo entrò a Chieti il 10 giugno e il 25 luglio la squadra locale s’incontrò con una rappresentativa dell’esercito italiano(68° Fanteria)-dal libro di Rocco Di Tizio- poi successivamente il 25 luglio con la rappresentativa dell’8^ armata inglese.
Ma chi erano i giocatori all’epoca? Dobbiamo rifarci ai giocatori locali che fecero parte dell’ultimo campionato di serie C, con molte riserve che erano a disposizione.Vorrei menzionarli qualcuno dei “locali” e sicuramente erano: i portieri Novelli e Di Luzio Mario, Basciani, Di Renzo E., Di Clemente Lelio e Tullio, Melilla, Marcozzi, Mirra G.C., Paciocco, Pinti, Sammartino, Rota, Melilla, Tiriticco, Zanterini e forse altri che ho dimenticato.
Nei cinema della città si proiettava a periodi differenti diversi film come “LA CORONA DI FERRO” con Gino Cervi, Luisa Ferida, Elisa Cegani, Osvaldo Valenti oppure VIVERE con Tito Schipa, Nino Besozzi, Caterina Boratto; AVANTI C’È POSTO con Aldo Fabrizi, Andrea Checchi, Adriana Benetti; OSSESSIONE con Clara Calamai, Massimo Girotti.
All’epoca c’erano anche qualche film francese con Jean Gabin e con Viviane Romance (“Carmen”) ma mi pare che avessero proiettato anche un film con Ingrid Bergman (Forse si chiamava “Sola una notte”?). Intanto le compagnie Osiris con “sogniamo insieme” e Totò con “Orlando curioso” di Galdieri si facevano notare specie nel Nord e nei teatri principali.
I giornali e i “film Luce” ci informavano di tutti gli avvenimenti bellici e nei documentari il brano di musica classica “Cavalcata delle Valchirie” di W.A.Wagner accompagnava il volo degli aerei italiani che, sorvolando il mare Mediterraneo, si dirigevano verso gli obiettivi prefissi.
Il Corso Cinema era il principale ma non molto capiente anche se aveva il piano superiore, fumoso che si faceva fatica a vedere il film, ma erano i migliori dell’epoca e poi l’Enal, abbastanza vasto ma freddo con le sue colonne di marmo e poi l’Eden, caratteristico abbastanza mal messo con il suo pavimento in legno(molto rumoroso) con due sole file(di circa sei o sette posti entrambi).
Allora la stampa con i giornali e le riviste erano diversi e ricordiamo il “Corriere della Sera”, “Giornale d’Italia”, “La Stampa”, “La Nazione”, “L’Osservatore Romano”, “Il Popolo”, “Il Popolo d’Italia” ed anche “Il Telegrafo” e tante altre locali, poi tra le riviste dette di guerra ricordiamone alcune: “Omnibus”, “Oggi”, “Tempo” e poi la “Domenica del Corriere” con le tavole di Achille Beltrame, il “Corriere dei Piccoli” con il sig, Bonaventura e Marmittone e “Cinema”, “Cronache della guerra”, “La piccola italiana”, “Gente nostra” e tante altre ancora con qualche rivista tedesca in lingua italiana.
Intanto nel campionato di Serie A si affacciava alla ribalta una squadra: il Torino. Al mese di aprile vincendo a Bari con un gol di Valentino Mazzola, questa squadra ha vinto il primo dei cinque scudetti consecutivi e che la consacrò come il “Grande Torino” che perirà nella tragedia di Superga.
In Serie B il Modena ed il Brescia furono promossi ma non ci furono retrocessioni, in seguito allo sbarco alleato in Sicilia il Palermo fu escluso dal campionato. La guerra riavvicinava a grandi passi fra noi.
La guerra incalzava e le nostre preoccupazioni aumentavano. Gli alleati erano sbarcati in Sicilia e ci si chiedeva se veramente qualcosa stesse per succedere attorno a noi. Giornali, notiziari e racconti di testimoni ci stavano dimostrando che i famosi venti di guerra potevano giungere fin dentro le nostre case. Si parlava di armi segrete e la situazione rimaneva molto tesa.
DAI MIEI RICORDI E DALLE NOTIZIE RADIO E DAI MASS-MEDIA(ALLORA SI DICEVA DEL POPOLO)
25 Luglio 1943. Caduta del fascismo. Era caduto il fascismo e la notizia era stata data nella tarda nottata. Ci siamo informati dell’accaduto e abbiamo saputo della nomina di Badoglio a capo del governo
29 Agosto 1943: bombardamento di Pescara
Alla fine di agosto stavamo pranzando quando un rombo d’aerei ci mise in agitazione. Era l’inizio della vera guerra!
8 Settembre 1943 . Armistizio. Erano circa le 19 ed eravamo tutti in casa, quando lo scampanio delle campane a distesa ci richiamò a qualcosa d’eccezionale.
9 Settembre. Fuga del Re destinazione Crecchio-Ortona. Arrivo colonna Via Valignani
Erano circa le 12, la giornata era molto soleggiata noi ragazzi eravamo nel piazzale della rimessa del tram, quando vedemmo una colonna d’auto che veniva
da Via Arniense-Porta S.Anna.
Fine Settembre: occupazione della città:
I tedeschi si stabilirono a Chieti con un comando e inalberarono la bandiera su Palazzo Mezzanotte. Un altro comando si era installato nei locali dell’Ospedale Civile, allora in fase di spostamento, con una batteria antiaerea sul terrazzo.
Li ho visti arrivare con i loro mezzi, erano delle SS armate fino ai denti e con fare superbo e minaccioso.
Metà Ottobre:manifesto prefetto, sfollamento comuni della Provincia
Metà Dicembre:Manifesto del Podestà Gasbarri, per gli sfollati per raggiungimgimento sedi Italia settentrionale.
Si riusciva a captare anche Radio Bari ma raramente e piuttosto male. I giornali c’erano ma le informazioni erano sempre scheletriche e per capire qualcosa bisognava leggere fra le righe. C’era gente sfollata che proveniva dalle zone di guerra e che ci informavano come realmente stavano le cose. In altre parole l’avanzata procedeva molto lentamente e con lo sguardo al fronte tirrenico dove operava la V^armata americana ed il fronte di Cassino. Gli alleati del fronte adriatico dell’8^armata inglese avevano attraversato, con canadesi e polacchi, il Sangro e si stavano posizionando sul fiume Moro per dirigersi verso Ortona. Avevano incontrato delle difficoltà ad attraversare questo fiume per le piene dovute al maltempo ed anche per la resistenza dei tedeschi. Forse arriveranno per Natale da noi? Speranze vane.
Infatti non credo che si era consapevoli della nostra situazione. Si sapeva molto poco anche se la radio veniva sentita di nascosto per ascoltare il colonnello Stevens che informava sulla situazione militare, ma la sorveglianza era abbastanza compressa e si aveva anche paura di eventuali “confidenti”.
Si avvicinava il Natale e la popolazione pregava nelle chiese e si stringeva attorno al suo arcivescovo; il pranzo fu abbastanza magro ma lo stare insieme in famiglia e con altri parenti ci gratificava moltissimo.
“La benedizione del Pastore discese sui fedeli…...mentre una pattuglia tedesca, senza alcun riguardo alla cara ricorrenza natalizia stazionava presso la porta del tempio per rastrellare gli uomini e trascinarli ai lavori forzati nella prima linea del fronte”. Qualche benpensante potrebbe obiettare “Stazionava” e non “Entrava nel tempio”. Magari siamo alle sottigliezze letterarie ma la sostanza è uguale. (da Chieti Città aperta di Angelo Meloni, stamperia De Arcangelis, Pescara 1947).
Non c’era molto da mangiare ma tra mercato nero ed altro si cercava di rendere questa festività allegra e vivibile. Alla fine dell’anno, si sentivano ancora passare per la Via Valignani, in direzione sud, mezzi corazzati e bellici tedeschi che sferragliando sull’asfalto ci richiamarono alla realtà della guerra. Si cercò di brindare, insieme con tutti quelli del caseggiato, ad un anno che ci avrebbe portato alla libertà con le bottiglie di gassosa. Certamente quelle che avevano il tappo di porcellana e la guarnizione di gomma! Era una goliardata? No era la nostra fede e speranza per un mondo migliore. Il 10 Giugno si avvicina a grandi passi, ma noi non lo sapevamo.
Il 14 agosto 1945 il Giappone accetta la resa e il 2 settembre la capitolazione definitiva è firmata sulla corazzata Missouri, nella rada di Tokyo, dal generale MacArthur e i rappresentanti nipponici.
Iniziava l’Era Nucleare.
Un’epoca di pace si stava preparando per tutti noi? Forse si, queste le premesse. Con queste prospettive ci si preparava al meglio.
Ma è stata così?Buon Natale veramente, ne abbiamo bisogno.
Licio Esposito
In copertina Natale dalla nipote Ilaria, scuole elementari.
Scritto da Licio Esposito il 22 dicembre 2014